Stabilita una corretta diagnosi ginecologica, la valutazione di una possibile adeguata terapia deve tener conto di questi elementi principali:
- il grado di vaginismo
- il livello di fobia presente
- la coesistenza di altre disfunzioni sessuali ( disturbi del desiderio, dell’eccitamento o dell’orgasmo )
- la disponibilità del partner, se presente, alla collaborazione
- la coesistenza di disturbi ansioso-depressivi reattivi o primari
Tutte queste componenti dovranno essere indagate attraverso uno o più colloqui anamnestici che coinvolgano anche il partner se presente. Tali colloqui consentono di esplorare l’area intrapsichica, l’area relazionale e l’area sociale in cui si articola il problema. In questa prima fase è possibile inoltre utilizzare strumenti diagnostici quali test, questionari o collage per meglio comprendere tutti gli aspetti della sessualità e quanto e perché il non riuscire ad avere rapporti sessuali penetrativi rappresenti un problema.
Quali sono le terapie che più spesso vengono offerte/impiegate per la risoluzione del vaginismo? Ne esistono diverse e riporto di seguito quelle che le donne che ho avuto in trattamento più frequentemente hanno eseguito prima di venire da me.
Il modello di terapia più efficace è quello sessuologico prescrittivo-comportamentale. La body-mind connection therapy ne è una evoluzione. Ingrediente fondamentale per la sua realizzazione è una adeguata motivazione da parte della donna ed eventualmente del suo partner ad affrontare la fatica del cambiamento che ogni processo psicoterapeutico prevede.
Altri modelli quali quello psicoanalitico o ipnotico trovano minor indicazione ma possono talvolta essere integrati in alcuni aspetti al modello sessuologico.
Ma qual è la figura professionale più adeguata per trattare il vaginismo? Senza dubbio medici e psicologi ( meglio se psicoterapeuti ) con una formazione sessuologica. Per gli psicologi, a differenza dei medici, non è ovviamente possibile l’approccio corporeo diretto nei confronti della paziente.