Dopo anni di lavoro clinico su donne affette da vaginismo nel 2011 ho messo a punto e standardizzato un modello terapeutico di intervento rivolto soprattutto ai casi di vaginismo di alto grado che avevano già provato diversi tipi di terapie senza esito positivo. A titolo esemplificativo riporto a seguire il testo di una mail ricevuta che illustra chiaramente quelli che sono i bisogni delle donne affette da forme severe di vaginismo.
Donne come Sara hanno bisogno di un metodo terapeutico efficace, ma anche rapido nella sua realizzazione. Talvolta l’età anagrafica è avanzata e terapie troppo lunghe possono compromettere l’opportunità di realizzare il desiderio di una maternità (dopo i 35 anni il tasso di fertilità decresce di anno in anno in maniera significativa).
Ho chiamato la terapia da me ideata Body-mind connection per sottolinearne il principio ispiratore. A differenza di interventi che lavorano sulla mente con la finalità di modificare la reazione del corpo, io ho scelto di lavorare sul corpo per modificare la reazione della mente.
Questo tipo di approccio terapeutico è stato da me elaborato partendo dall’ipotesi che lavorare direttamente con il corpo della donna può portare a cambiare velocemente:
- le convinzioni catastrofiche correlate alla penetrazione attraverso l’attivazione di esperienze emozionali correttive
- la rappresentazione della mappa genitale nella corteccia cerebrale correggendola e completandola
La Body-mind connection therapy è quindi un approccio integrato che si è evoluto nella mia esperienza clinica facendo incontrare le mie competenze di ginecologo esperto del piano perineale e di psicoterapeuta esperto in sessuologia.
Ma come si realizza dal punto di vista pratico?
Concluso l’inquadramento diagnostico, concordo con la donna o se disponibile con la coppia un contratto terapeutico in cui vengono esplicitati e condivisi gli obbiettivi, le modalità di lavoro ed il numero massimo di sedute previste.
Se la terapia è rivolta alla coppia il percorso viene suddiviso in due fasi, la prima a cui partecipa solo la donna e la seconda a cui partecipano entrambi.
Nel percorso individuale con la donna lavoro direttamente sul lettino con l’obbiettivo di portarla al controllo attivo della muscolatura perineale. Utilizzo dei dilatatori in materiale plastico a diametro progressivo con i quali la donna impara ad eseguire diversi esercizi da ripetere a casa.
Il lavoro diretto sul corpo mi consente un rapido accesso alle risposte emotive della donna che viene esortata ad esprimere tutte le sensazioni e gli stati d’animo percepiti; tale approccio consente inoltre alla donna di prendere coscienza sotto la mia guida delle contrazioni muscolari involontarie e delle alterazioni posturali incongrue che mette in atto a livello del tronco, del bacino e degli arti inferiori.
Contestualmente al lavoro corporeo si analizzano vis a vis i vissuti psicologici e le eventuali resistenze o problemi che possono comparire nel corso della terapia. Il lavoro sul lettino non è necessariamente praticato in tutte le sedute ma viene calibrato in funzione dei singoli bisogni di ogni donna.
Nel percorso di coppia prescrivo specifici esercizi con i dilatatori da eseguire insieme con delega di potere alla donna. Nel corso delle sedute vengono valutate le eventuali difficoltà o resistenze verso l’esecuzione delle prescrizioni con una specifica attenzione rivolta alle dinamiche relazionali; non viene eseguita nessuna valutazione in vivo degli esercizi svolti a casa.
Il lavoro diretto con il corpo della donna si riflette in un aumento del rapporto efficacia/efficienza della terapia che significa sinteticamente ottenere il risultato terapeutico concordato nel numero di sedute
più basso possibile. I risultati preliminari estrapolati da 136 casi trattati evidenziano un’efficacia superiore al 97% con un numero di sedute terapeutiche medio di 9 sedute.
Il tempo di risoluzione è comunque estremamente variabile in base alle caratteristiche della donna, del grado di vaginismo e del livello di fobia presente. Nella casistica attuale la terapia più corta è stata di 4 sedute, quella più lunga di 15 sedute.
Nel mio modello terapeutico cerco di essere il più flessibile possibile e questo fa sì che ogni terapia segua percorsi diversi seppur analoghi. Ritengo che una buona terapia non debba risolvere il problema, ma aiutare la donna a risolverlo con la riscoperta e l’utilizzo delle sue proprie risorse; questo è il presupposto per creare autonomia ed evitare qualsiasi forma di dipendenza dal terapeuta.
Il modello è in continua evoluzione e nuove pagine di esso verranno scritte nel prossimo futuro!